Resto sempre colpito dai fenomeni mediatici per i quali qualcosa esiste se, e solo se, ne parlano tutti, ma proprio tutti. In qualunque giornale, rivista, trasmissione televisiva, è possibile sentir parlare di società della rete ed in particolare del Web 2.0. La cosa estremamente interessante è che nessuno sa cosa effettivamente sia. Una rapida ricerca su internet permette di capire che il Web 2.0 è tutto e nulla: nel mondo informatico, e non solo, affinché esista un Qualcosa-2.0 occorre, come presupposto, che prima sia esistito un Qualcosa-1.0. Illuminante, sul tema, è un articolo di Tim O’Reilly. La definizione del Web 1.0 nasce per differenza rispetto a ciò che dovrebbe essere il Web 2.0 che, in estrema sintesi, se proprio vogliamo adottare questo termine, potremmo indicare come quell’insieme di strumenti e tecnologie che hanno reso possibile, e rendono possibile alle persone che usano la rete internet, avere esperienze che li coinvolgano in maniera maggiore, rendendole artefici e partecipi di ciò che nella rete accade. In realtà, quindi, non stiamo parlando di una nuova tecnologia ma, casomai, di un uso differente, agito dalle persone, di un qualcosa di preesistente. Pertanto non esiste tanto un momento specifico nel quale nasce il Web 2.0 quanto piuttosto l’esigenza di identificare un mutato atteggiamento delle persone nell’uso collaborativo di strumenti della rete preesistenti. Ciò che va colto, quindi, è l’uso che l’uomo decide di fare di una o più determinate tecnologie utilizzandole spesso in maniera sensibilmente differente da chi le stesse aveva progettato. Ad esempio, Twitter fu inventato da un ragazzo giovanissimo, Jack Dorsey, che aveva messo in piedi, con pochi mezzi, una compagnia di servizi di consegna via internet; lo strumento nacque quindi, in origine, per restare in contatto, in tempo reale, con i ragazzi incaricati delle consegne.

Oggi è diventato uno strumento, un mezzo e un luogo dove oltre 100 milioni di utenti comunicano, attraverso questo servizio, per dire a tutti dove sono e cosa stanno facendo. Ma del resto, a ben pensarci, anche Internet, la rete delle reti, è nata per altri scopi, militari addirittura: soltanto la fantasia di milioni di utenti l’ha plasmata tanto da trasformarla in ciò che oggi è. Diventando sempre più ampio il panorama delle persone che accedono alla rete, la stessa diventa sempre più specchio di quella che è la società, riproponendo al proprio interno il vastissimo panorama di comportamenti e attività esistenti nel mondo reale. Desta pertanto curiosità leggere, ancora oggi, allarmati articoli rispetto ai pericoli della rete, visto che ormai si può parlare, a tutti gli effetti, di nativi digitali che ritengono la rete stessa un normale luogo in cui estendere i propri interessi, piuttosto che una novità tecnologica da scoprire e capire.

In questo numero di Pedagogika.it un interessante articolo di Roberto Maragliano spiega questo concetto, illustrando la percezione che molti hanno del tempo trascorso nelle rete, spesso demonizzato e tacciato di rendere isolati i naviganti. Un’altra interessante riflessione da fare riguarda la preoccupazione, che spesso si avverte in articoli divulgativi, rispetto all’uso dei social network, primo fra tutti Facebook, spesso ritratto come luogo dove il lupo fa l’imboscata all’agnello. Anche in questo caso dovremmo riflettere sul fatto che sono ben pochi i pericoli che nascono dalla specificità dello strumento tecnologico, quanto, piuttosto, si dovrebbe parlare di “normali” pericoli presenti nella nostra società che ci portano a situazioni in cui l’avvio di un imprudente rapporto con uno sconosciuto può portare a risvolti pericolosi. Mi risulta cioè difficile capire quale sia la differenza se conosciamo una persona in vacanza, al bar o in discoteca o su Facebook, se questa poi si rivela portatrice di una turbe psichica che la porterà a commettere un crimine nei nostri confronti.

Come sempre ci spaventa ciò che non conosciamo e tendiamo a demonizzarlo, mentre l’atteggiamento corretto credo debba essere quello di considerare questi nuovi strumenti alla stregua di semplici ausili. Ausili tecnologici che espandono la nostra capacità di conoscere e interagire con il mondo e pertanto più conosciamo più ci esponiamo ai pericoli che il mondo porta con sé.

Casomai, a preoccuparci, dovrebbero essere piuttosto le informazioni che nella rete restano salvate virtualmente per sempre. Una delle campagne pubblicitarie che più ho ritenuto azzeccata ritraeva una ragazza che, dopo aver pubblicato delle foto goliardiche in rete, voleva rimuoverle. Il video insisteva sulla ragazza che staccava dalla bacheca di Internet la sua immagine e questa, ostinatamente, continuava a ricomparire. Il messaggio finale invitava a fare attenzione a ciò che si pubblica in rete. Il tema della replicabilità e diffondibilità dei contenuti messi in rete, e della loro permanenza, teoricamente infinita, costituisce, insieme a quello della privacy, un serio campo di interesse per chiunque si voglia seriamente interrogare sulla natura della rete.

Credo che questi temi siano particolarmente importanti e che comporteranno, nel tempo, una riformulazione delle regole della rete stessa. Per sua natura, infatti, internet mal sopporta, giustamente, restrizioni imposte dall’alto, mentre chi popola questo mondo è sempre disponibile al confronto e all’adozione di regole condivise, proprio perché non imposte.

E’ ragionevole prevedere che nei prossimi anni assisteremo ad un fervido dibattito su cosa e come normare la comunicazione in rete e che gli unici punti sui quali dovremo accettare eventuali limitazioni riguarderanno, appunto, il diritto a poter rimuovere un contenuto che non ci rappresenta più ed il diritto a mantenere la privacy inviolata.

Ovviamente le tematiche connesse alla società in rete sono vastissime e, per parte nostra, in questo nostro numero, abbiamo reso disponibile lo spazio del dossier per trattare alcuni degli aspetti che abbiamo ritenuto più interessanti. Non è una difficile profezia dire che nei prossimi anni ci occuperemo di tematiche che, sempre più, finiranno per entrare nel quotidiano, che andranno a permeare la nostra vita tanto da renderci poco distinguibile il confine tra il mondo della rete e quello del presunto mondo reale.

Buona lettura.